L’afflizione portata da una malattia è tale da mettere il soggetto di fronte alla propria fragilità e alle proprie insicurezze; nei casi più seri essa è avvertibile come un’avvisaglia dell’appuntamento inevitabile con la morte, che sollecita nella persona un’autodifesa a tutto campo della propria inviolabilità, il cui (impossibile) esito finale vorrebbe essere l’immortalità. È questa la battaglia sotterranea che inconsapevolmente attraversa l’umanità che talvolta reagisce proiettando su un ipotetico nemico esterno, magari straniero, l’origine delle proprie disgrazie: si pensi a definizioni come ‘morbo gallico’, ‘mal napoletano’, ‘influenza spagnola’ o ‘asiatica’ o ‘cinese’…
[…] c’è un mal essere intrinseco alla condizione umana, che viene da lontano e le cui manifestazioni sono radicate nella struttura egoica dell’uomo, quel ‘brodo di coltura’ in cui sono immerse le distorsioni relazionali, le spinte oligarchiche, la caccia grossa al fantasmatico o reale nemico di turno e soprattutto le pulsioni guerrafondaie, quest’anno così drammaticamente attuali in Europa.
[…] in un mondo governato da pseudo-certezze e soluzioni semplicistiche, riteniamo che alla letteratura spetti il compito di fornire strumenti culturali capaci di rispondere in maniera più adeguata alla conoscenza della complessità, restituendo il ben essere, l’equilibrio, la sanità psicofisica, tanto più necessari in questi tempi così pervasi da paure, ansie, confusioni, sbandamenti. Del resto già sei anni fa al tema salute/malattia avevamo dedicato un fascicolo (XVII, 34, 2016) intitolato mal/ben essere
