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Pierfranco Moliterni

Una storia della musica in Puglia

Una storia della musica in Puglia

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Tre secoli fra antico e moderno

ISBN: 9788867170906


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L’autore assomma le ricerche della sua vita di studioso, tracciando una storia della musica tutta ‘pugliese’ dal Settecento di Piccinni fino al Novecento di Carmelo Bene e Nino Rota. Si tratta di passioni e predilezioni personali emerse in tempi diversi e per occasioni diverse, ma che tuttavia lasciano individuare un nesso comune: la volontà di sprovincializzare le vicende musicali di Puglia in linea con i presupposti metodologici della New musicology, dei local studies e, più in generale, della ‘microstoria’. Le pagine risultano dunque appassionate ma mai campanilistiche, e il forte legame dell’autore – musicologo, musicista e ‘uomo di teatro’ – con il patrimonio musicale del territorio pugliese non inficia una lucidità di giudizio che permea ognuno dei venti capitoli (inglobando anche la corposa introduzione che si pone come un’agile sintesi sul sistema dei teatri pugliesi) equamente divisi in quattro gruppi: l’opera del XVIII secolo, il periodo prerossiniano, il romanticismo ‘nazionalpopolare’, il Novecento.

Di Piccinni s’indagano da un lato le vicende biografiche emerse da studi condotti negli archivi francesi e baresi (e dunque poco note anche ai maggiori dizionari enciclopedici), dall’altro la collocazione in seno al milieu illuminista e massone della Parigi dei philosophes, superando così l’angustia d’una tradizione storiografica che ha sempre voluto imbrigliare il massimo compositore barese nella fin troppo eclatante contesa con Gluck, nata intorno alla composizione delle due Iphigénie en Tauride . Co-protagonista di questo gruppo di saggi è Pierre-Louis Ginguéné – la cui biografia piccinniana Moliterni tradusse nel 1999, sempre per i tipi di Adda – che viene qui presentato come raffinato esegeta dell’Idomeneo mozartiano in uno dei primi esempi di analisi tecnica d’una partitura. Da Piccinni a Paisiello il salto è breve e lascia lo spazio per inquadrare altre figure di intellettuali pugliesi che hanno legato la loro fama al melodramma: è il caso di Francesco Milizia e Antonio Planelli, capaci di sottoporre il melodramma coevo a una disamina teorica unita a una rara sintonia con i problemi pratico-esecutivi. Di Paisiello, Moliterni osserva il periodo russo e parigino alla luce di documenti autografi che restituiscono glorie e tensioni di un momento apicale della sua carriera d’operista, adeguatamente conclusasi con la partecipazione ai fasti dell’incoronazione di Napoleone a Nȏtre Dame.

Più ridotta solo quantitativamente la parte dedicata all’Ottocento romantico dove Mercadante prima, e De Giosa poi, tornano ad acquistare un giusto rilievo tra i massimi interpreti del melodramma. Si tratta, è bene insistere, non d’un anacronistico accanimento nel voler incensare il genius loci, bensì d’un’indagine condotta sul contesto ricettivo e, quindi, portata avanti con gli occhi dei contemporanei, ignari di quelle innegabili disparità che il setaccio della Storia evidenzia, oggi, al nostro sguardo.

Il Novecento italiano è il campo d’indagine elettivo di Moliterni che in quest’ambito ha segnato importanti traguardi critici e ha proposto nuove, intriganti vie interpretative: dal futurismo di Casavola, al neoclassicismo di Casella, dal modernismo di Fiume e Canudo all’eclettismo di Rota, Bene e Gervasio, l’autore delinea rotte appulo-europee tutte inedite e nondimeno ricche di intersezioni con le grandi avventure francesi di Debussy e Stravinskij. Torna così a farsi serrato il dialogo fra Italia e Francia, fra centro e provincia, fra innovazione e tradizionalismo, tra Puglia ed Europa, offrendo al lettore una messe di documenti e di suggestioni critiche davvero mirabile, sia per la rarità delle fonti esaminate, sia per l’acume con cui esse vengono lette. La scientificità di questo volume non è mai avulsa da un afflato divulgativo che, complice la scorrevolezza e la piacevolezza della scrittura, lo destina al più ampio ventaglio di lettori.

 

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