Immaginate, pure, quanta paura incuteva quell’enorme voragine, ma anche quanto fascino e curiosità a chi, invece, quella voragine avrebbe voluto discenderla per esplorare e osservare e capire cosa fosse davvero celato là sotto.
Ebbene, queste poche parole sono la sintesi di sentimenti che hanno pervaso gli animi di chi per centinaia di anni, forse anche più, ha visto quel posto o là attorno ha trascorso tanto tempo, magari lavorando nei campi.
Paure, fascino e curiosità che una bella mattina, d’inverno, un uomo giunto da Postumia ha voluto, e potuto, mutare in conoscenza.
Quel giorno era il 23 gennaio 1938 e l’uomo si chiamava Franco Anelli.
Ma fermiamoci un attimo, facciamo un altro passo indietro.
Andiamo a quando i fatti venivano tramandati di voce in voce viaggiando sempre al confine fra leggenda e realtà.
A quando le Grotte di Castellana, o meglio, la Grave, erano oggetto di racconti fantastici, quando, all’imbocco, i sinuosi movimenti delle foschie mosse dal vento erano viste come leggere figure, quasi trasparenti, che s’innalzavano sulla grotta per poi precipitarvi all’interno. Erano le anime senza pace dei suicidi, secondo i timorosi castellanesi, che non riuscivano a raggiungere l’Alto dei Cieli visto il gran peso che erano costretti a portare con sé, forse per l’eternità.
V’è da dire che, in realtà, lo sprofondamento della Grave sarebbe attribuito a un altro episodio che, questa volta, vede coinvolti due fratelli, di cui uno, però, non vedente. A crollare assieme alla volta sarà il fratello che ha voluto frodare l’altro invalido, truffandolo durante le operazioni di divisione del raccolto.
Insomma, storie spesso davvero improbabili ma che, talune volte, si sposavano con spiegazioni se non proprio scientifiche, almeno dalle basi empiriche.
Fino al 1938, quando un distinto giovane signore lodigiano verrà inviato in esplorazione.
A parlargliene fu il commendatore Raffaele de Bellis che, durante un ricevimento, lo informò dell’esistenza di altre cavità e di una in particolare, il cui ingresso si apriva a pochi chilometri dalla cittadina putignanese.
Era Franco Anelli.
L’animo dell’esploratore si infervorò tanto da organizzare subito l’esplorazione. Aveva portato con sé “una discreta dotazione di corda, funi e cinture di sicurezza, fanali, strumenti per rilievi topografici, macchine fotografiche”.
Quel primo sopralluogo permise, in circa due ore di esplorazione, al professor Anelli di percorrere quello che è l’attuale “Corridoio Nero” e sbucare nell’immensa sala ora denominata “dei Monumenti”…
Giuseppe Savino
Tratto da Castellana. Guida alle grotte, alla città, al territorio
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