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Incroci n. 24

Incroci n. 24

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n. 24 (luglio-dicembre 2011)

ISBN: 9788880829751


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  • Editoriale

Va detto subito: non siamo neo-filo-pseudo-fanta-borbonici, non siamo revanscisti e finora persino le varie correnti di revisionismo storico non ci sono state molto simpatiche. Ancor meno vogliamo indulgere a qualche velleità ‘legasudista’ o indossare la maschera del bastian contrario per rovinare la conclusione dei festeggiamenti per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Aggiungiamo che ci ha fatto persino piacere vedere, in numerose città italiane, balconi di comuni cittadini imbandierati col tricolore per ragioni ideali ben più serie di una semplice partita di calcio.

Ma proprio per onorare con coscienza una ricorrenza civile così importante – specialmente in un tempo quale quello attuale, in cui sembra avverarsi un’antichissima profezia del caro Mario Luzi: «Muore ignominiosamente la repubblica. / Ignominiosamente la spiano / i suoi molti bastardi nei suoi ultimi tormenti» – la nostra rivista vuol mantenere fede al compito d’impegno intellettuale che si è proposta sempre più nettamente col passare dei suoi dodici anni, aprendo le sue pagine alla testimonianza di alcune ‘controstorie’. Non di ‘antistoria’ si tratta, cioè di fuga nel mito o di sfiducia nella scienza storica, ma, al contrario, di un’idea di letteratura come contributo alla moltiplicazione dei punti di vista sugli eventi, come occasione per ridare voce sia all’«indicibile dei vinti» che al «dubbio dei vincitori», per dirla stavolta con un distico di Pietro Ingrao, non a caso buon poeta, oltre che uomo politico di grande statura. E allora, mentre celebriamo l’identità nazionale ed escludiamo ogni ipotesi di condivisione delle (sotto)culture della separazione, vogliamo però vegliare contro l’appiattimento della memoria civica, contro le facili epopee e, soprattutto, contro l’oblio dei nervi scoperti della nostra contemporaneità in nome di un unanimismo inutilmente e dannosamente festoso. I borbonici in terracotta, scolpiti dal pugliese Roberto Montemurro, si affacciano dalle pagine di questo numero, dunque, non certo per chiedere un risarcimento, ma per invocare un giudizio storico più equanime e comprensivo delle mille pieghe della Storia, che dietro i grandi ideali (quelli vincenti e quelli destinati a soccombere) trascina, spesso inconsapevolmente, le vicissitudini di piccoli uomini, dei loro eroismi sognati e delle loro inevitabili debolezze.

Il controcampo, l’inquadratura movimentata, il chiaroscuro, la storia delle vittime sono, pertanto, il cuore di questo ventiquattresimo fascicolo di «Incroci» che si apre, in coerente continuità con l’aspirazione alla scrittura poematica pronunciata nel numero precedente, con una coppia di poemi (uno più lungo di Mario Lunetta e uno più breve di Mariella De Santis), nei quali, sia pur con diversità di esiti stilistici, si mette a tema il desiderio di tradurre in una visione ampia e organica il bilancio esistenziale di un io che reagisce alla frammentazione imposta dalla crisi epocale. Segue la consueta ‘bottega’ di testi e immagini, dall’eloquente titolo L’altra faccia (della Storia, s’intende), che con i racconti di Raffaele Nigro e Carmine Tedeschi costituisce un compatto ri-pensamento dell’Unità, un affresco letterario ‘allegro ma non troppo’ intorno agli errori di una visione un po’ coloniale del nostro Risorgimento. La cerniera fra la parte creativa e quella saggistica di questo volume è costituita dalla scrittura ibrida e avanguardistica di V.S. Gaudio che porta l’attenzione sull’antica minoranza albanese del Sud Italia, conseguenza di una migrazione dalle sponde greco-balcaniche al di qua dell’Adriatico e dello Ionio, così come raccontano di un’analoga storia, ma molto più antica, le stele daunie dell’VIII-VI sec. a.C. ritrovate nel secondo Novecento sulle coste garganiche e già ispiratrici di un celebre libro di Cristanziano Serricchio: lo stesso poeta torna su quell’avventura archeologica, ricordandoci come quelle sculture ci raccontino (quasi come i ‘soldatini’ di Montemurro), un’altra Storia, una differente versione della guerra di Troia, con gli Achei forse perdenti e in fuga verso Occidente.

Ma tocca occuparsi, naturalmente, delle controstorie, delle guerre e delle mattanze dei nostri giorni e lo facciamo soprattutto con un saggio intorno a quelle nuove e impreviste trincee – così poco eroiche – che sono i posti di lavoro, teatro delle cosiddette ‘morti bianche’ e di ancor più numerose ‘morti civili’: alla recente letteratura (post)industriale sono dedicate le pagine di Daniele Maria Pegorari. Con un omaggio di Lino Angiuli a un maestro della critica come impegno etico e politico, Arcangelo Leone de Castris, scomparso lo scorso anno, si apre la sequenza finale dei saggi, unificati dal bisogno di mantener viva, sotto la ‘crosta’ della Storia collettiva, la vena carsica della psiche, che nutre le costruzioni retoriche di Gozzano (nelle pagine dello stesso Angiuli) e di Shakespeare (in quelle di Carlo Di Lieto), mentre Claudio Toscani torna a informarci sullo stato degli studi psicanalitici applicati alla letteratura e alle arti, con la sua quinta rassegna preparata per «Incroci», dopo le ‘puntate’ già apparse sui numeri 8, 13, 18 e 22. Ad ammonirci di non trascurare la zona d’ombra che vive dietro il paesaggio della natura e della storia collettiva ci sarà sempre, d’ora in poi, il ricordo di Andrea Zanzotto, scomparso il 18 ottobre 2011, mentre chiudevamo questo fascicolo.

Come al solito, le pagine finali sono dedicate alle ‘Schede’ che nelle più varie direzioni si muovono a battere le strade e gli incroci della letteratura contemporanea.

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